Negli ultimi vent’anni, le detrazioni fiscali per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica degli immobili hanno attivato investimenti per 332 miliardi di euro. A dirlo l’ultimo Rapporto del Cresme che fa i conti su quanto hanno guadagnato le imprese, le famiglie e lo Stato dagli sgravi fiscali sul recupero del patrimonio edilizio.
Sono ormai vent’anni che le imprese e le famiglie italiane beneficiano di diverse detrazioni fiscali per il recupero, la ristrutturazione edilizia e la riqualificazione energetica degli immobili.
Dal 1998 al 2019 infatti in Italia, grazie a questo tipo di agevolazioni, sono stati realizzati 19,5 milioni di interventi sugli immobili, una cifra che ha interessato oltre il 62,5% delle abitazioni italiane (il principale oggetto degli interventi di rinnovo), con ricadute positive in termini economici, occupazionali e per la finanza pubblica.
I vantaggi per imprese, famiglie e lavoratori
Soffermandoci sui soli risultati del 2018 e del 2019, i dati per questi due anni confermano “che le misure di incentivazione hanno attivato importanti volumi di investimenti a partire dal 2013, in corrispondenza della maggiorazione delle aliquote, e si può pensare che gli incrementi registrati nel 2018 e nel 2019 siano da attribuire anche all’inizio degli effetti prodotti dai nuovi incentivi” come quelli sulla sicurezza in chiave sismica.
In particolare il dato a consuntivo per il 2018 indica un volume di investimenti veicolati dagli incentivi pari a 28.487 milioni di euro, mentre le previsioni per il 2019 – sulla base delle dinamiche registrate nei primi otto mesi dell’anno – indicano un volume di spesa complessivo superiore ai livelli del 2018.
Investimenti che si sono tradotti anche in posti di lavoro. Grazie alle misure di incentivazione fiscale, infatti, i 231,3 miliardi di euro attivati dagli incentivi nel
periodo 2011-2019 hanno generato oltre 2,3 milioni di occupati diretti nel settore del recupero edilizio e della riqualificazione energetica e oltre 1,1 milione di occupati indiretti nelle industrie e nei servizi collegati.
Un dato ancora più positivo, se letto alla luce delle difficoltà che interessano il settore dell’edilizia, duramente colpito dalla crisi economica.
Anche i dati per il 2019 sono incoraggianti. Quest’anno, infatti, l’impatto delle misure di incentivazione sui lavori di ristrutturazione e simili dovrebbero riguardare oltre 432mila lavoratori, di cui 288mila diretti.
Anche sulle ristrutturazioni l’Italia è spaccata in due: al Nord la maggior parte degli interventi
Ma non tutto il Paese ha reagito allo stesso modo davanti alle opportunità offerte da questo tipo di incentivazione. Anche su questo fronte, infatti, l’Italia sembra essere divisa in due, con un Nord dove il ricorso agli incentivi ha raggiunto complessivamente il 66% degli interventi di recupero edilizio e il 75% degli interventi per la riqualificazione energetica, con in testa le regioni del Nord-Ovest.
Di contro al Sud e nelle Isole il ricorso a questo tipo di incentivi è stato molto più basso. “Sommando infatti le due aree solo il 14% degli importi portati in detrazione per gli interventi di recupero edilizio su base nazionale riguarda il Mezzogiorno,
mentre per la riqualificazione energetica si scende al 10%”, si legge nel Rapporto del Cresme.
Che ci guadagna lo Stato?
La risposta non è banale e dipende da quello che si mette sul piatto della bilancia.
Da una prima analisi realizzata in base ai minori introiti conseguenti alla defiscalizzazione (stimati in 151,5 miliardi di euro) e il gettito fiscale e contributivo per i lavori svolti (pari a 121,6 miliardi di euro), sembrerebbe emergere un saldo totale negativo in venti anni pari a 29,8 miliardi di euro.
Il quadro cambia, però, se si inseriscono ulteriori elementi che vanno necessariamente analizzati.
Prendendo infatti in considerazione, da un lato i minori introiti per lo Stato legati agli interventi di efficientamento energetico (minori imposte sui consumi di energia) e, dall’altro la quota di gettito per lo Stato derivante dai consumi e dagli investimenti mobilitati dai redditi aggiuntivi dei nuovi occupati, il saldo per lo Stato diventa positivo e si attesta su circa 8,7 miliardi di euro.
Un valore che si amplia ulteriormente includendo nella valutazione tutti gli attori che rivestono un ruolo nel sistema in cui si inseriscono le agevolazioni: lo Stato, le Famiglie e le Imprese. Così facendo, infatti, nel periodo 1998-2018 si delineerebbe un saldo positivo per il sistema Paese valutabile in 26,7 miliardi di euro.
Consulta il Rapporto del Cresme